SOPRAVVIVERE, PERCHÈ?
“Sopravvivere” non vuole essere il blog della frustrazione. Al contrario è il luogo dove trovare spunti (non verità assolute) per andare oltre la nebbia che nasconde il nostro sole esperienziale.
Ho aggiunto “Sopravvivere” al mio blog, perché voglio tenere un focus personale nello spazio dedicato alla mia biografia itinerante “I am Angela Maria”. Questa categoria, invece, è concepita come un luogo universale. Come uno spazio nostro dove condividere sentimenti, paure, dubbi, delusioni ma anche gioie, soddisfazioni, felicità umane. Dove scoprire che la parola SOPRAVVIVERE si trasforma in VIVERE nel momento in cui si libera di una parte della sua “primordiale” struttura lessicale.
Ringrazio Hillary per avere definito graficamente il significato che attribuisco a questa parola. “SOPRAV” esprime la stabilità e l’irremovibilità della routine. Il colore grigio scuro rappresenta la monotona immutabilità ma le lettere non definite danno la speranza di nuovi spazi e possibili sviluppi. “VIVERE” esprime la dinamicità, perché ciò che vive cambia mentre ciò che è immobile è morto. Il colore ciliegia è la versione “mitigata” del rosso, colore potente che rappresenta sia l’amore sia il dolore e quindi la vita vissuta in tutte le sue forme.
Come dice Cory Muscara, porre più attenzione alla negatività che al bello della nostra vita è una condizione umana primordiale. Infatti, i nostri avi dovevano fare attenzione a possibili problemi per – appunto – sopravvivere. Dovevano fare i conti con le condizioni avverse della natura. Con una vita piena di pericoli necessitavano una continua attenzione e possibilmente anticipazione dei problemi. Focalizzare l’attenzione sul bene, significava non avere nulla da temere e quindi essere in pericolo. L’essere umano si è, quindi, evoluto sviluppando la capacità di riconoscere ciò che poteva “andare storto” piuttosto che valorizzare ciò che poteva andare bene.
Per fortuna, oggigiorno abbiamo la possibilità di apprezzare le esperienze positive. Qualcuno dice che esistere è infinitamente più importante del fatto che l’esperienza sia “fastidiosa”. Il problema, quando si manifesta, è già parte del nostro presente e quindi invece che cozzarci contro abbiamo più chance di sopravviverlo se lo capiamo ed “elaboriamo”.
Può essere questo un modo per affrontare ciò che rabbuia la nostra vita e la nostra mente?
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