PRETI VS PSICOLOGI
Preti vs psicologi come mentori della nostra vita. Riflessioni sul ruolo sociale e personale di queste due categorie umane e professionali. Sì, perché l’ascoltare me, te, noi, l’altro è parte del lavoro sia del prete sia dello psicologo. Ma quali sono le differenze? Io ho la mia teoria, partendo dal fatto che la confessione del prete ora è stata soppiantata dalla seduta dello psicologo. L’animo umano è sempre quello, il mezzo di conforto è cambiato.
Iniziamo il ragionamento dalla recente notizia che il bonus psicologo del 2023 è stato approvato nella Legge di Bilancio. Quanto costa parlare con un prete alias confessarsi? Mi pare nulla. E quindi non servono né voucher né bonus.
E allora, perché nei tempi moderni si corre dallo psicologo anziché dal prete? Forse ciò che si paga di più vale di più? Non credo, come sempre dipende dal singolo. Forse è una questione di moda? Può essere. Forse i preti non sono capaci di essere “marketing attivi” come gli psicologi? Sicuramente vero. Aggiungiamo che i preti sono sempre di meno e sempre più anziani e il quadro è praticamente chiuso. MA, c’è un ma che stimola il mio senso critico delle cose. perché non è questione di chi vince tra preti vs psicologi.
Torniamo alla Legge di Bilancio e al suo voucher. Tale bonus garantirebbe ai pazienti di poter mantenere intatta la loro salute mentale o risolvere i problemi, che possono intaccare serenità e felicità. E questo è un argomento su cui non si può e non si deve scherzare.
Passiamo quindi ad analizzare una “seduta” dallo psicologo e una dal prete. Generalmente tutte e due danno un senso di sollievo, quindi raggiungono lo scopo di ridarci serenità, possibilmente felicità e/o di risolvere i problemi che ci offuscano la vita. Ma come ci si arriva? Lo psicologo è pagato dal cliente e quindi concentrerà il lavoro in modo da soddisfare la richiesta. L’approccio è autoreferenziale. Si pensa, si dice, si fa ciò che il paziente paga per avere. E gli altri? Si adeguano. Dal prete, se mai vi siete confessati, c’è anche il riconoscimento dei propri peccati, c’è la considerazione degli altri. Non è possibile essere con i paraocchi a guardare solo al sé. C’è da considerare tutto il mondo attorno, che non per forza deve adeguarsi alla felicità del singolo come paziente o meglio cliente pagante.
Questo credo sia l’aspetto pericoloso della faccenda. Dallo psicologo si rischia di diventare egoisti e disinteressati agli altri: pago e voglio il ritorno su me stesso. Dal prete si considerano anche gli altri, perché non si è clienti paganti e c’è un terzo “giudizio” super partes. Come dare torto a mia nonna che affermava: “le croci si fanno con due bastoni”?
L’essere umano da sempre ha bisogno di trovare fuori di sé un conforto per sopravvivere alle avversità della vita o forse per trovare la forza di cambiare ciò che lo trattiene dalla propria soddisfazione quotidiana. Se la soluzione si cerca nel meccanismo del cliente che deve essere soddisfatto, allora si rischia di perdere di vista l’esistenza umana nel suo insieme. Perché la mia felicità e la mia libertà inevitabilmente influenzano e/o limitano la tua.
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