IL TEMPO CHE VERRÀ
Chi non pensa a nuovi propositi? O non conteggia le ore, i giorni, i mesi che passano? Oppure non ci si lascia manipolare dal benedetto vizio di fare i conti con ciò che si è fatto, si sarebbe dovuto fare, si farà, con predizioni, oroscopi e quant’altro? E intanto il tempo è fuori controllo umano e continua a scorrere nel lento ed inesorabile fluttuare dell’esistenza terrena.
“Tempo”, parola che usiamo, temiamo, invochiamo, imprechiamo perché è fuori dal nostro controllo. Sì, perché noi siamo esseri “finiti”, non eterni nella nostra esistenza umana e quindi è stressante e frustrante pensare di averne a quantità limitate. Dobbiamo essere consci della nostra finitezza, che non avremo mai tempo per tutto ciò che il mondo offre e promette, a volte insistentemente a suon di marketing.
Miguel de Cervantes ci avvisa che “sul grande orologio del tempo c’è scritta una sola parola: ora”. Eppure, anche il “qui e ora”, mantra sempre più agognato, è sfuggente, perché noi siamo destinati ad ambire all’infinito della vita che verrà. Ma anche il piacere rimandato al futuro spesso ci sfugge. E allora? Si cerca di farcire l’agenda, la giornata, si accelera il nostro vivere nell’illusione di saziarsi di vita, appunto.
Nel film In Time, il tempo è la nuova valuta degli umani; si acquista, si vende e quando si azzera si muore. Pensiero distopico? Sicuramente angosciante perché l’umanità è passata di livello. Una volta si diceva “semplicemente” che il tempo fosse denaro, nel film è questione di vita o di morte. Sono cambiati i termini di paragone. Nei secoli dei primi scambi commerciali, quando si importava in Europa la merce dall’Oriente, ecco che i lunghi percorsi di viaggio facevano percepire il passare dei giorni come possibile fattore di perdita di denaro. Oggi il mondo lo si gira e raggira in un batter d’occhio e allora il tempo è legato al concetto di “qualità” oltre che quantità, perché tutti noi ambiamo alla soddisfazione del sé o detta alla Freud del Es.
Soluzione?
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