OTHELLO e DESDEMONA vs IAGO (seconda parte)
Othello e Desdemona vs Iago, seconda parte. Stessa foto e stessa opera del post precedente ma raccontata dal punto di vista di Iago, il villan della storia.
Iago, il personaggio che per eccellenza è cosciente e soddisfatto della sua malvagità. Che parla per circa un terzo di tutta la tragedia e che, come Amleto, agisce causa “forze” che nemmeno lui capisce. È il personaggio della negazione dell’amore, della vita, del mondo reale. È colui che ruba l’identità altrui per farla propria e allo stesso tempo rappresenta l’inconscio di tutti gli uomini. Una maschera non portata sul volto per carnevale ma vissuta nelle viscere del suo essere diabolicamente animalesco.
Quando Othello nomina suo luogotenente Cassio, Iago comincia a tramare la sua vendetta finché Othello si convince che Desdemona lo tradisce con Cassio e accecato da gelosia la uccide. Ma la forza malvagia non è alimentata da una semplice gelosia. C’è molto di più.
Iago, come lo definisce Coleridge, è un absolute evil senza possibilità di redemption. È un personaggio machiavellico, cinico senza morale. Non sa cosa sia l’amore connotandola con significati bestiali. In questo rispecchia il personaggio puritano, che esprime contemporaneamente attrazione e repulsione per il sesso. Ricordiamo, che per i Puritani il mondo dello spettacolo era considerato un luogo peccaminoso tanto da chiedere la chiusura dei teatri, avvenuta nel 1642.
Iago, dunque, non solo offeso per non avere ricevuto da Othello la promozione, ma anche geloso “sentimentalmente”. Nel primo atto dichiara “he’s done my office” accusando Othello di avere una relazione con Emilia (moglie di Iago). Nel secondo atto dimostra la sua disturbata personalità. Infatti, crede che Cassio e Desdemona si amino, fatto secondo lui credibile perchè è più giovane e di “razza bianca” rispetto al “moro” Othello. Ma aggiunge: “now I do love her, too”, ora anche lui la ama, come fosse un effetto domino, un amore a catena. Il tutto agendo con una tale mascherata perversione da essere chiamato “honest Iago”. Mentre lui stesso, con lucida malvagità, dichiara “I play the villain” e che gli altri cadranno nella sua “web”, nella sua rete.
Interessante l’accostamento del villano (alias il malvagio) con la rete. Il villano, tipico personaggio del teatro elisabettiano, deriva dalla figura del “vizio” del Medioevo. Ma ancora prima dai “mistery plays”, rappresentazione sacre dove il malvagio era il personaggio principale. La rete è il simbolo del complotto. Non a caso il personaggio del villano, sul palco teneva in mano una rete.
Iago, in ultima analisi, rappresenta la tragedia di una passione ancestrale e psicologica più che l’azione di un uomo. Infatti, non è mai descritto fisicamente. O meglio, di lui sono descritti solo i piedi, gli “zoccoli”, come il diavolo.
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