PINK FLOYD MEMORY
Pink Floyd memory. Stadio Comunale di Torino, 6 luglio 1988, Pink Floyd in concerto. What else?
In quello stadio ci arrivai in compagnia del fidanzatino di allora. Patito dei Pink Floyd mi regalò il biglietto del concerto. In realtà, accettai l’invito per curiosità. Quelle melodie (oddio, ho usato veramente la parola “melodie”?) avevano un che di strano, che attiravano le mie orecchie e incuriosivano la mia fantasia. Non ne sapevo molto, in realtà neppure dopo il concerto. Ma fu quella la serata che mi aprì la mente verso nuovi orizzonti musical e culturali. Mi fece anche capire un po’ di più il mondo dei giovani, miei coetanei.
Eravamo arrivati in anticipo. Ci sistemammo sul prato, non troppo vicino al palco per paura di essere esposti a “pigiamenti”. Era il mio primo concerto in uno stadio. Mi guardavo attorno e non capivo bene cosa fossero quelle nuvole dallo strano odore che uscivano dalle “tende” improvvisate di un gruppo più in là. Poi capii e ci spostammo.
Non c’erano ancora gli smartphone, al massimo qualcuno aveva un mangiacassette. Non ho foto del concerto e men che meno selfies. Ma mi ricordo molto bene le sensazioni provate, il verde davanti a me che a mano a mano si faceva scuro. Ricordo le luci, le urla, le mani alzate, l’estasi musicale di nuovi suoni. Mi sembrava di essere sensorialmente in un mondo alieno eppure così presente. Non capivo, in realtà nemmeno ora, dove volessero portarmi quelle note, quegli effetti speciali. Il saluto “Thank you, grazie, buona sera…” sceso dal palco mi fece tornare alla realtà. Ma solo brevemente. I rumori melodici ripresero per quasi tre ore ed io continuai nel tentativo struggevole di capire quei ragazzi che avevano marcato la storia della musica con il loro album The Dark Side of the Moon.
Oggi, 1 marzo voglio celebrare anch’io i 50 anni di questo album. Lo faccio in punta di piedi, perché ancora dopo decenni rimango perplessa e nello stesso tempo attirata dalla parte oscura dell’essere umano. La parte oscura della luna che non ci è dato di vedere. Eppure, i Pink Floyd, così come la nostra psiche, la vedono con altri mezzi e ascoltano con altre note e melodie per sopravvivere, attraverso il prisma della luce, alla vita.
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